Permane nel nostro Paese un Water Service Divide: a fronte di una ampia area, collocata in prevalenza al Nord e al Centro, in cui i servizi, gli investimenti, l’attività legislativa, il funzionamento degli enti di governo dell’ambito e le capacità gestionali degli operatori sono in linea con i massimi standard definiti dall’Autorità per il settore idrico, persistono situazioni, principalmente nel Sud e nelle Isole, in cui si perpetuano inefficienze. È quanto è sottolineato dall’Arera nella documento di segnalazione indirizzato a Parlamento e governo sulle criticità dei servizi idrici in alcune Regioni del Mezzogiorno, ancora non trasmesso alle Camere.

Il report si basa sui risultati del monitoraggio semestrale sugli assetti locali del servizio idrico integrato, svolto dalla stessa Autorità attraverso l’analisi delle informazioni trasmesse dagli enti di governo d’ambito e da altri soggetti territorialmente competenti secondo la legislazione regionale. Pur con un completamento del percorso di adesione degli enti locali ai relativi enti di governo dell’ambito e con la razionalizzazione del numero degli ambiti territoriali ottimali (ATO, oggi 62, erano 71 nel 2015), spiega il documento, le criticità ancora presenti evidenziano la necessità di un’azione di riforma per il rafforzamento della governance della gestione del servizio idrico integrato, soprattutto in considerazione del permanere di situazioni di mancato affidamento del servizio in alcune aree del Paese (in Molise, Calabria e per la parte maggioritaria degli ambiti territoriali di Campania e Sicilia) e di carenze riscontrate in ordine alla corretta redazione e all’aggiornamento degli atti necessari all’adozione delle scelte di programmazione e di gestione del servizio idrico integrato.

Queste carenze contribuiscono, prosegue il report Arera, a incrementare i differenziali nei livelli di prestazione del servizio e nella possibilità di accesso ai servizi idrici tra aree del Paese e sono rilevanti anche ai fini dell’applicazione degli strumenti di supporto, in partenariato istituzionale, da rivolgere alle realtà svantaggiate del Paese – tra cui i due principali strumenti del Next Generation EU: il dispositivo per la ripresa e resilienza (RRF) e il Pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori di Europa (REACT-EU).

L’Arera ritiene dunque utile un intervento normativo volto a introdurre strumenti che giunga a “configurare situazioni gestionali dotate delle necessarie capacità organizzative e realizzative” e che dovrebbe rafforzare la garanzia delle tempistiche di affidamento e della qualità dei programmi, basandosi su una soluzione strutturale e complessiva diversa dal modello del commissariamento.

Secondo l’Autorità sarebbe necessario prevedere, con il nuovo strumento normativo:

  • un termine perentorio entro cui siano perfezionati i processi di affidamento del servizio idrico integrato da parte degli enti di governo dell’ambito o – in caso di inerzia degli enti di governo – dai presidenti delle Regioni;
  • per i soggetti territoriali, un supporto tecnico in termini organizzativi e di know-how specifico (anche per i profili normativi e regolatori) di un soggetto societario a controllo pubblico che abbia maturato esperienza in progetti di assistenza alle amministrazioni pubbliche impegnate nei processi di organizzazione, pianificazione ed efficientamento dei servizi pubblici locali;
  • decorsi i termini perentori previsti, con riferimento agli ambiti territoriali ottimali in cui non sia stato ancora affidato il servizio, che la gestione del servizio idrico integrato venga svolta, per un arco temporale di quattro anni, comunque rinnovabile (per un periodo, quindi, potenzialmente sovrapponibile a quello di attuazione del PNRR), da un soggetto societario a controllo pubblico che, sulla base della disciplina dei contratti pubblici, possa far ricorso a soggetti dotati di adeguate capacità industriali e finanziarie per la fornitura del servizio;
  • che il superamento della fase transitoria possa poi avvenire attraverso un nuovo affidamento deliberato dagli enti di governo dell’ambito entro sei mesi dalla scadenza della fase transitoria. In mancanza di determinazioni dei citati soggetti competenti, il meccanismo dovrebbe essere reiterato per un ulteriore arco temporale, di pari durata al primo.